Eugenetica e storia




Platone fu il primo a suggerire l’eugenetica come campo di ricerca. La sua idea di Stato ideale prevedeva che si attuasse una selezione dei caratteri migliori secondo caratteri fisici e morali quali: nobiltà d’animo, armonia esteriore, bellezza, sanità fisica e morale. Lo Stato secondo Platone aveva quindi il compito di individuare i cittadini più nobili e avviarli a un’educazione superiore al fine di lasciare ai migliori il governo politico e la guida della comunità.
Darwin nella sua opera l’Origine della specie spiegò che in natura la lotta per la sopravvivenza avviene tra simili specie e che la più forte tende a eliminare quella debole.
Successivamente, Herbert Spencer prese a prestito la teoria darwiniana applicandola alle scienze sociali, sostenendo che è importante la selezione dei più adatti.
Il termine eugenetica fu originariamente coniato da Sir Francis Galton, cugino di Darwin, nel 1883, definendola come disciplina volta al miglioramento o peggioramento della qualità razziale delle generazioni future dal punto di vista fisico e psichico. Tale disciplina veniva ad essere così un adattamento della teoria della selezione naturale alla società umana che perseguiva l’obiettivo di favorire la diffusione dei caratteri ereditari favorevoli (eugenetica positiva) e di limitare o impedire quella dei caratteri sfavorevoli (eugenetica negativa).
All’inizio del XX secolo l’Inghilterra divenne il centro della diffusione delle teorie eugenetiche grazie all’impegno di soggetti come la Fondazione Rockefeller e la Massoneria di Rito Scozzese.
A partire dal 1907 numerosi stati nordamericani approvarono leggi con le quali veniva consentita la sterilizzazione coatta di determinate categorie di persone quali i criminali, i ritardati mentali, gli alcolizzati ecc.. Inoltre ci fu un’altra legge che proibiva i matrimoni interrazziali e poneva politiche selettive in tema di immigrazione.
Negli anni successivi leggi eugenetiche furono adottate da altri stati come i paesi scandinavi e in particolare la Svezia.
A partire dagli anni ’30 le leggi eugenetiche ebbero un ruolo centrale in Germania nell’ideologia e nel programma politico nazionalsocialista. Infatti nel 1933 il Parlamento tedesco approvò la legge sulla prevenzione della nascita di persone affette da malattie ereditarie, con la quale fu dato l’avvio alla sterilizzazione coatta di tutta una serie di persone affette da determinati disturbi. Nel 1939 tale legge fu poi soppressa e sostituita dalla Aktion T4, un progetto di sterminio mascherato da esigenze compassionevoli delle cosiddette vite indegne come bambini malformati, handicappati, pazzi ecc.. Tale programma fu sospeso nel 1941 per le proteste della Chiesa tedesca, però ormai lo sterminio proseguiva nei campi di concentramento dove venivano eliminati anche i pazienti internati in base alla nuova Aktion 14F13 detta anche eutanasia selvaggia.
Dopo la II guerra mondiale, il termine eugenetica assunse una connotazione negativa e le leggi e pratiche eugenetiche furono abbandonate, anche se si arrivò solo agli anni ’70 prima di essere definitivamente abrogate.
Negli ultimi decenni lo studio e la ricerca sulla genetica umana sono stati rivolti principalmente in ambito terapeutico col fine di eliminare certe patologie ereditarie.
Attualmente nella Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea (Carta di Nizza) sono espressamente bandite tutte le pratiche eugenetiche. Tuttavia fa scalpore che negli Stati Uniti sia largamente diffusa la pratica del cosiddetto bilanciamento familiare, pratica che permette ai genitori di determinare il sesso del feto selezionando un embrione di un preciso genere maschile o femminile durante la fecondazione assistita.
In Italia, il termine eugenetica è stato ripreso da politici ed esponenti cattolici e conservatori per etichettare in modo negativo anche le tecniche di diagnosi preimpianto dell'embrione nei casi di fecondazione assistita e riguardo ai casi di aborto terapeutico.

1 commento: