mercoledì 14 novembre 2012

Tra socialismo ed eugenetica




Da decenni in Svezia è presente un dibattito ideologico assai acceso. Pur essendo un paese efficiente e solidale capace di produrre ricchezza e ridurre le disuguaglianze, questo paese in realtà presenta un quadro assai complesso. Infatti negli ultimi 30 anni gli svedesi hanno in parte abbandonato i dogmi dello statalismo di un tempo, avviando un processo di liberalizzazione. Lo statalismo svedese si concentra sui servizi alla persona. Essa ha costruito il proprio sistema di welfare delineando un’esistenza programmata dalla culla alla tomba, riducendo quindi gli spazi responsabilità del singolo individuo. Questo dato però presenta dei risultati piuttosto inquietanti, perché la Svezia ha sviluppato dei programmi eugenetici che si avvicinano alle politiche naziste. Nei 40 anni che vanno dal 1934 al 1975 la socialdemocrazia svedese ha promosso delle leggi sulla sterilizzazione, l’aborto e la castrazione. Basti ricordare che in un paese scarsamente abitato come la Svezia in quel periodo furono praticati 63 mila interventi di sterilizzazione contro i 300 mila della Germania nazista. In quei 40 anni infatti il paese era tutto preso dal sogno genocratico di una popolazione perfetta per migliorare la razza svedese. Questo faceva parte di una visione collettivista che affidava allo stato l’incarico di prendersi cura della società nel suo insieme. Ci si domanda se esiste un legame profondo tra la socialdemocrazia assistenziale (ad esempio sussidi per l’alimentazione o l’abbigliamento per bambini) e le politiche eugenetiche. Questo legame si colloca su vari livelli: in primo luogo il sistema politico socialdemocratico implica la dissoluzione dei diritti individuali e l’eugenetica può imporsi solo se il corpo sociale è privo di ogni capacità di resistenza; in secondo luogo la socialdemocrazia implica un indebolimento della famiglia. Se gli individui deboli vengono lasciati soli, facilmente finiscono per subire abusi e violenza da parte dei titolari della forza pubblica. In terzo luogo l’ideologia socialdemocratica definisce l’uomo a partire da quei bisogni che lo stato si attribuisce il compito di soddisfare. Ogni uomo deve avere una certa salute, una data istruzione un certo reddito e un suo ruolo, se manca tutto questo, la vita non è più dignitosa e non merita di essere vissuta. Quando lo stato non è in grado di assicurare gli standard minimi di qualità della vita, tanto vale allora inibire la nascita di tali soggetti. Come rileva lo studioso italiano Luca Dotti nella Svezia degli anni 40 i ritardati ineducabili erano considerati un peso e dal momento in cui non potevano essere produttivi non venivano nè curati né istruiti.

Nessun commento:

Posta un commento