mercoledì 14 novembre 2012

Caso Costa-Pavan





La legge 40, cui molto si fa riferimento in questo blog,  stabilisce che, tra i soggetti che possono usufruire delle pratiche che io chiamerò eugenetiche ( mentre qualcuno potrebbe parlare di diagnosi preimpianto) non rientrano i portatori (sani o no) di malattie genetiche( che con ogni probabilità si trasferirebbero al feto). Dal 2009 però la Corte di Cassazione di Cagliari si è attenuta a quanto sostenuto dalla CEDU rendendo possibile per la prima volta in Italia la diagnosi preimpianto per soggetti fecondi ma portatori sani di malattie genetiche. Recentemente la Corte di Strasburgo ha nuovamente affermato l’illegittimità della normativa Italiana su questa materia (28/08/2012). Vediamo dunque nello specifico a cosa la Corte di Strasburgo ha fatto riferimento per sostenere tale tesi.
Secondo la Carta di Strasburgo, che in qualche modo riprende un’interpretazione della normativa italiana fatta dal Tribunale di Salerno già nel 2010, la legge 40/2004 sarebbe incoerente poiché andrebbe ad intaccare il diritto riconosciuto dalla CEDU all’art 8 per cui “ ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare”.
La Corte riconosce l’ampiezza della nozione “ vita privata” e vi fa rientrare al suo interno il diritto a sviluppare delle relazioni con i suoi simili, ritenendo che anche la vita sessuale dell’individuo sia protetta dall’ articolo; nello specifico viene riconosciuto il diritto delle persone a diventare genitori. Il diritto dunque prevede la difesa della possibilità di utilizzare la diagnosi preimpianto poiché questo rientrerebbe tra le pratiche che bisogna rispettare in quanto espressione delle scelte individuali di ciascun individuo.
Il Governo Italiano da parte sua ritiene che la legge 40/2004 serva ad evitare eventuali derive eugenetiche; che serva altresì a rispettare i diritti del bambino. Effettivamente l’incoerenza è insita nella  normativa italiana: se da un lato infatti il concetto di bambino viene esteso anche all’embrione, d’altra parte si rende lecito l’aborto entro i 3 mesi dal concepimento anche per motivazioni legate ad eventuali malformazioni del feto.
Tale sentenza potrebbe avere grandi ripercussioni sul sistema normativo italiano. Nel caso di un contrasto tra normativa italiana e una disposizione della CEDU infatti , si può ricorrere alla Corte Costituzionale solo nel caso in cui non vi sia nessuna possibilità di interpretazione. Di conseguenza il giudice comune è obbligato ad interpretare la disposizione conformemente alle disposizioni internazionali “ entro i limiti nei quali ciò è permesso dai testi delle norme e avvalendosi di tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica

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